Kathmandu......l'improvvisa brezza che non ti aspetti

E così ....ogni notte lascia il posto ad un nuovo giorno, notte di ragni, di mille rumori di questa giungla che parla, mille urla sconosciute di animali che altro non attendono se non il buio per poter vivere.
La luce del mattino riporta tutti al loro posto.
Gli animali rientrano nelle loro tane, i ragni ( quasi tutti ) magicamente scompaiono e noi umani, finti padroni del mondo diurno ci svegliamo.
Gisella ed io apriamo gli occhi dentro la nostra tenda, ci guardiamo e la prima frase pronunciata è stata la seguente " bene, siamo sopravvissuti, possiamo alzarci e partire allora ".
Bello ehhhhh guardare i documentari o i film di Indiana Jones sulla televisione di casa ?
Poi, quando vieni catapultato in quei mondi, scopri che sei una pippa atomica, e che il minimo rumore ti spaventa.
Come quando, nel buio della notte, i pantaloni da moto ( pesanti già di suo, resi ancor più pesanti dal fango ) cadono in terra......
Con un balzo sincronizzato, degno di due ballerini alle olimpiadi, ed un urlo in stereofonia degno di due cantanti rock che squarcia la tenda, ad un tratto si alza nell'aria..... " CHE CAZZO ERA ?????"
Nervi a fior di pelle per i due avventurieri pippe atomiche....
Ma poi la stanchezza ed il sonno hanno il sopravvento e finalmente, sopravvissuti alla notte ripartiamo verso l'ultima tappa, la mitica, inavvicinabile, fumosa, polverosa, trafficatissima, caotica ( potrei continuare per ore con altri mille aggettivi ) Kathmandu.....
Ed è qui che siamo ora, una giungla anche questa, diversa ma nel contempo per noi pippe atomiche, più facilmente affrontabile.
Spendiamo le ore che ci separano dal rientro nella visita della città.
Esattamente quattro anni fa un terribile terremoto spazzò via migliaia di vite e distrusse moltissime abitazioni.
Sembra che sia successo ieri......
Vero è che le abitazioni sono cumuli di mattoni vecchi come me, ammassati alla belle e meglio.
Vero anche che nonostante il sisma, oggi la ricostruzione risulta ben lontana dall'essere un qualcosa che rispetti le normative antisismiche.
Impalcature di bambù sorreggono abitazioni dove mille persone, ammassate l'una all'altra, si scambiano sudore, puzze varie, rutti, soffiate di naso a mani nude e sputi.
Tutto ciò, in un mondo di clinex, amuchina, fazzoletti di carta profumati al mentolo e disinfettanti vari sarebbe un crimine.
Qui.....è la normalità.
È così che saliti su un taxi, dopo aver discusso sul prezzo, ci dirigiamo verso il tempio delle scimmie dal nome Swayambhunath....... Monkey Temple
Fa caldo, abbasso il finestrino mentre il tassista con la testa ciondolante, guida evitando di un soffio il traffico che apparentemente pare più un videogame che la realtà.
L'aria fresca ma carica di gas di scarico, polvere e chissà cos'altro, ci asciuga la gola. 
A noi, così come al tassista evidentemente.
E sarà quindi per questa ragione che ad un tratto, il mio amico tassista inizia a emettere un suono simile ad un rantolo.
In realtà sta caricando il condotto salivale, cercando di far risalire la maggior quantità di saliva e catarro dal basso esofago.
Quando tutto è pronto, sporge la testa da finestrino e.....
Sento Gisella, la quale aveva intuito cosa sarebbe accaduto da lì a poco, che mi urla " chiudi il finestr........"
Troppo tardi !
Un insieme di gocce nebulizzate rientra dal mio finestrino.
Faccio appena in tempo a serrare le labbra ( nel tentativo di almeno non ingoiare ) e subito dopo una leggera e rilassante frescura mi avvolge il viso.
L'aria che entra dal finestrino, reagendo con la saliva sul mio volto, ha un lato positivo...rinfresca !
Subito dopo il tassista, si ricompone sul sedile, emette un bel rutto liberatorio e, come se nulla fosse successo prosegue sino alla collina.
Costo del trattamento facciale, corsa del taxi inclusa, 600 rupie, non male daiiiii.....
Dalla collina la vista di Kathmandu fa impressione.
È come guardare un formicaio dall'alto.
Ma ad osservare tutto ciò non siamo soli.
Centinaia di Macachi vivono fra i templi eretti nei secoli su questa collina.
Adulti, bambini, e parlo di scimmie, adulti, bambini ( in questo caso parlo di umani ) tutti insieme vivono icercando, gli uni grazie agli a altri, un aiuto per sopravvivere.
Per noi pippe atomiche vedere una scimmia è un qualcosa di strano, di particolare.
Nel contempo anche gli umani che vivono sulle pendici di quella collina sono molto particolari. Con i loro costumi ed i loro riti.
A parte che poi tutto sommato, se volete risparmiare tempo e denaro,  basterebbe prendere un taxi per vedere entrambi fusi in un unico essere.....
Scendiamo dalla collina a piedi, rincorsi da scimmiette più o meno carine.....alcune anche un po aggressive, ma almeno queste, non ti sputano addosso.
Ci immergiamo per l'ultima volta nella vita della città ed infine raggiungiamo l'hotel per l'ultima notte in questo mondo Nepalese.
Cosa ci resta addosso ?
Oltre allo sporco intendo......
Siamo partiti da casa con tre obiettivi.
Le cime degli ottomila, con la valle del Mustang ed i paesaggi da togliere il fiato.
Il luogo dove nacque il Buddah, con la sua storia che si è diffusa in buona parte del mondo senza mai combattere una guerra ( senza crociate o Jihād intendo )......
Ed infine la giungla. Un luogo dove essere pippe atomiche non aiuta. Ma forse un po' fa crescere e fa comprendere che la nostra vita, i nostri agi, i nostri eccessi .....alla fine sono un mutamento che stiamo già pagando e che, spero di no, ma credo che le generazioni future pagheranno ancora più caro.
Ciò che non avevamo messo in conto, come punto cardine di una emozione del viaggio, era Kathmandu, la sua gente, la sua umiltà, la sua povertà ed il loro, costante e onnipresente sorriso.
Per me, pippa atomica si, ma attento a questi aspetti, il sorriso è da sempre Il linguaggio universale che permette di trasmettere pace.
Non importa conoscere la lingua.
Non importa la tua religione, il tuo credo, il tuo abbigliamento o se hai i capelli sporchi oppure, come me, non ne hai.......
Quel piccolo gesto, che qui tutti hanno la forza ed il coraggio di regalarti, è stato ancora una volta l'emozione più grande di questo viaggio.
Un regalo che mi porto via, questo sì, un souvenir dal Nepal che non invecchierà, non prenderà polvere riposto su una mensola di casa, non occupa spazi in valigia ma riempie il cuore e mi fa dire ancora una volta......il mondo è di chi ha voglia di viverlo sorridendo !
Nepal, Kathmandu, 29 Aprile 2019 per noi pippe atomiche, 29 Aprile 2076 per i Nepalesi.
Anche questo viaggio finisce, come tutti i viaggi, vita compresa !
Vivetela bene, vivetela viaggiando, vivetela sopratutto sorridendo !
Viaggio terminato, post terminato, il blog si chiude stasera.

Buon tutto pippe atomiche, e ricordate solo una cosa importante doveste decidere di venire in Nepal.....
In taxi......finestrini chiusi !!

Viaggio in pillole:
Giorni di viaggio, 7
Km percorsi, circa 1500
Velocità media, a fatica.....30 km/h ( a causa delle condizioni delle strade )
Costo medio del carburante, 0,9 €
Caffè ( o pseudo tali bevuti ), molti.....costo del caffè, 0,2 €
Costo mimino sostenuto per una camera di hotel, 8 € ( ma la doccia la fai a casa.... )
Moto utilizzata, Royal Enfield Himalayan ( con la BMW non avremmo MAI raggiunto Mustang)
Problemi nessuno












The Jungle

È mattina presto quando avviamo la moto al cospetto delle vette che superando gli 8000 metri.
Fa freddo, abbiamo ancora gli stivali da moto fradici a causa dei guadi dei giorni precedenti ma questo, non ci preoccupa.
Piuttosto a preoccuparci saranno i guadi che, a ritroso, dovremo affrontare nuovamente.
La discesa dai 2800 metri sino a valle, la stessa fatta a salire ma con una incognita....la pioggia caduta incessantemente per tutta la notte.
Non credo si debba essere dei matematici per comprendere la seguente equazione:
Terra + Acqua = Fango
Esatto, tanto fango, e come renderlo più intrigante se non in discesa su strade che non lasciano molte vie di fuga se non il dirupo ?
Ma con calma, con la prima marcia inserita ed il divieto assoluto di anche solo sfiorare il freno anteriore, iniziamo la discesa.
Dopo circa venti km ed 1,5 ore di marcia ( si avete capito bene, qui in Nepal come in altri luoghi a dire il vero, le distanze non si misurano solo in km, bensì è imperativo controllare il tempo stimato per percorrerli ) raggiungiamo il villaggio di Marpha che fu per noi tappa due giorni prima.
Ci togliamo gli stivali, le calze ormai fradicie ed indossiamo nuove calze con sacchetti di nylon per isolarci i piedi dal freddo dell'acqua dei ghiacciai che scendendo a valle, invadono strade e vallate.
Una tazza di caffè bollente e di nuovo in marcia, sappiamo di avere ancora molte ore di cammino e mille insidie.
Queste ultime me le tengo, non ve le descrivo in quanto apparirebbe solo un modo per estremizzare ciò che Gisella ed io abbiamo vissuto.
Mi limito a dire che, il fango inghiotte le ruote della nostra moto e appoggiando a terra i piedi per non cadere, quasi ti si sfilano le scarpe tanto è colloso.
Metro dopo metro, scendiamo e ci lanciamo verso la destinazione che avevamo pianificato per il nostro viaggio, Lumbini, ovvero dove si narra sia nato il Buddha.
La temperatura, fredda ma comunque accettabile delle montagne, poco a poco lascia il posto all'arsura ed alla umidità.
Anche le case, prima in muratura con stufe accese lasciano il posto a baracche di paglia e fango.
Quando finalmente raggiungiamo Lumbini, il termometro segna 39 gradi.
La bocca è arsa e asciutta, gli occhi grattano ad ogni battito di ciglia a causa della sabbia e polvere accumulata km dopo km.
Il corpo ci chiederebbe di fermarci e riposare, ma siamo qui per vedere e non per sognare.
Quindi, dopo una doccia che lascerà il segno sul pavimento, negli asciugamani ed in ogni dove a causa del quantitativo di polvere rilasciato dai nostri corpi in camera, prendiamo un tuk tuk, tipico taxi Indiano o, in questo caso Nepalese.
Ci facciamo trasportare, o sarebbe meglio dire " frullare " dal simpatico tassista che, ripercorrendo le stesse buche da noi affrontate poco prima in moto, ci porta nel parco del Buddha.
La storia non ve la racconto, non la studiavo io ai tempi della scuola, figuriamo se mi viene voglia di insegnarla ora.
Però, alcune cose mi fanno pensare.
Questo signore, il Buddha appunto, ricco sfondato, venne cresciuto negli agi totali al fine di prepararlo ad una vita da principe.
Però, a circa 30 anni, scopri che esisteva anche la povertà, la malattia e la morte.
Per questo decise di lasciare tutto e vivere alcuni mesi in assoluta povertà, rinunciando a tutto.
Dopo alcuni mesi appunto, evidentemente ripensando a quanto fosse  figo mangiare e bere ( questo l'ho aggiunto io.....) decise che una via di mezzo poteva andare bene.
Da questo concetto di " basta l'essenziale a patto che ce ne sia per tutti " nacque il buddismo.
Non una religione, o meglio, lui non volle mai essere ritenuto un Dio o un profeta.
Bensì un approccio alla vita.
Un modo per affrontare ogni giorno, in serenità, con ciò che serve è nulla più.
Purtroppo.....poi le cose magari vanno diversamente e non perché tu hai voluto che così andassero.
Oggi il buddismo è più vicino ad una religione che al concetto iniziale del Buddah.
Mi piace però pensare all'origine di tutto, che forse vale anche per altre religioni, ovvero che tutte nascono per diffondere un principio di pace, fratellanza e eguaglianza, poi.....va beh, mi fermo.
Questo non toglie che vi siano estremizzazioni di ogni genere ovunque.
In Nepal, come in India non è inusuale trovare santoni, o pseudo tali, i quali compiono gesta che per me sono incomprensibili.
Alcuni mi hanno colpito più di altri, ad esempio uno che da 18 anni ( lo riscrivo perché sia chiaro....diciotto anni ) tiene il braccio destro sollevato al cielo.
Persino dei medici hanno studiato questo caso per comprendere come sia possibile che il braccio non sia ancora andato in cancrena.
Altri che si rotolano per terra ( e vi garantisco che per terra, da queste parti,  c'è tutto quello che una mente umana non potrebbe immaginare ) per 2000 km.
Infine quell'altro che, per dimostrare chissà cosa, si arrotola il pisello su una sciabola per poi far salire su di essa, con tutto il suo peso, altri uomini.
Insomma......ce n'è per tutti in questo mondo....
Fra i tre, se proprio dovessi scegliere, seguirei il quarto, ovvero quello che 7 anni vive in piedi, senza mai coricarsi o sedersi.
Per dormire gli hanno costruito una sorta di altalena dove appoggia il busto e la testa.
Però, per fortuna che non sarò mai santone, e quindi mi corico quando sono stanco, abbasso le braccia quando lo desidero, mi rotolavo per  terra da bambino ma visto che ho la fortuna di camminare, cammino, ed infine, fra tutti i modi di fare buon uso del pisello, avvolgerlo su una sciabola credo proprio che nulla abbia di santo.....
Con queste immagini addosso, ma anche con uno strato di sudore misto a polvere tanto da cementare la nostra pelle come due statue di gesso, ripartiamo alla volta del parco Royal Chit Van, ovvero quel luogo che per mesi mi ha rimbombato nelle orecchie come un gong tibetano ma per altre ragioni.
È il sogno di Gisella, ci tiene, sento che per lei potrebbe essere quasi la ragione di questo viaggio.
Per me, dopo l'esperienza in Africa, è terrore puro.
Nei mesi che hanno preceduto questo viaggio, mi arrivavano via wathaspp immagini di tutti i tipi che raffiguravano loro, quegli esseri che sono stati in grado di farmi tremare come un bambino la prima volta che li vidi in libertà.
Gli elefanti !
E più meno la cosa è andata così:
" pensa, arriveremo in un parco, dove dormiremo in tenda, vicino agli elefanti. Ma prima ( già, c'è sempre un prima....) potremo camminare con loro sino al fiume dove vanno ad abbeverarsi al tramonto.
E dopo ( già, dimenticavo il dopo.... ) potremo preparare per loro la pappa e dargliela con le nostre mani.
E se mentre ( e si.....ogni donna fra un prima ed un poi riesce a ficcarci in mezzo anche un mentre....) nella visita potrebbe essere incluso il taglio delle unghie.
Io ho lo sguardo di un bronzo di Riace mentre Gisella mi parla....
La fissò per capire se ha la febbre, se sta vaneggiando o se parla seriamente.
Lei vedendo la mia faccia con la mandibola aperta come se avessi una paresi facciale dice " va beh, magari le unghie no dai, anche perché per farle li addormentano ed io non voglio fargli del male ".
Quindi.....rimanevano solo il "prima" ed il "poi".....
E così, dopo mesi passati a sentirmi dire " pensa che bello, gli daremo da mangiare noi "....un giorno, ovvero oggi, arriva quel giorno.
Arriviamo al parco che si trova all'inizio della giungla Nepalese.
Ci accoglie una signora che ci porta nella nostra tenda ( ho detto tenda.....non casa....).
Ci mostra la cerniera che chiude i due lembi della tenda fatta di rete nelle parti verticali di fronte e retro e ci raccomanda " chiudete bene, qui siamo nella Giungla..." Dopodiché ci mostra il bagno, una tettoia che copre un fondo in ghiaia.
E poi ci mostra una torcia appoggiata su un tavolino dentro la tenda.
Quella torcia qui è importante !
Alle ore otto fa buio e dovrete usarla.
Attenzione a dove mettete i piedi in quanto questo luogo pullula di serpenti e scorpioni.
Io ero alla sua sinistra mentre Gisella alla sua destra mentre la signorina ci dava queste raccomandazioni.
In quell'istante crolla il silenzio.
Nessuno di noi due parla.
Le si ferma, ci guarda e ci chiede se avessimo capito l'importanza del messaggio.
Io avevo in faccia il sorriso ebete di chi sorride ancora per la frase di un quarto d'ora prima.
Gisella, occhi fissi e super aperti, annuisce con il capo facendo intendere di aver compreso.
Di tutto ha parlato tranne  che di ragni, mi dice Gisella dopo che la signorina ci abbandona alla nostra tenda ed al nostro futuro.
Già....rispondo io, magari non ce ne sono, o forse elenca i problemi in ordine di importanza......
Elefanti, serpenti, scorpioni.....direi che se sopravviviamo a tutto questo, al ragno ci pensiamo poi.
Doccia veloce con piedi sulla ghiaia e occhi puntati al tetto per accertarsi che i ragni, perché alla fine eccome se ci sono, restassero la dov'erano e non ti cadessero in testa come uno shampoo, e poi via.
Per somma gioia di Gisella è giunta l'ora di sto cazzo di panino da preparare per gli elefanti.
I patti erano chiari: Gisella prepara il panino e lo consegna agli elefanti, ed io faccio le foto.
Questi erani patti a casa....
Qui, chissà perché, sono cambiati....
E quindi mi siedo per terra vicino a due Nepaliesi i quali ci insegnano come preparare il magico panino.
Si forma una sorta di nido con del fieno, dentro al quale vengono messi semi di grano, polpa di canna da zucchero ed altra roba che non so, dopodiché si avvolge il tutto utilizzando una foglia di canna da zucchero come legaccio, si serra ed è pronto.
Ogni elefante ne mangia cento al giorno....
Gli elefanti qui sono dieci....
Io sgrano gli occhi, ed è vero che non ho mai amato la matematica ma 10*100 lo so fare....
Mille panini chiedo a Gisella ?????!
Si ma mica tutti noi dobbiamo farli....mi risponde.
Quindi, quando la sacca della pappa è pronta, il tipo ci indica che possiamo portarli alle due piccole, graziose, delicate, snelle e leggere elefantesse poste poco distante.
Queste, con la grazia di un elefante ( solo ora capisco il nesso di questo modo di dire ) allunga la proboscide moccolosa e umida, punta la mia mano destra, quella del suo panino, mi attorciglia il suo nasone gigantesco come fosse un pitone e tira.
E così, fra moccoli vari di varie proboscidi, arriviamo al momento della passeggiata sino al fiume dentro la giungla.
Le solite raccomandazioni del ranger ci aprono gli occhi.
Allora, siamo in mezzo alla giungla, ci sono animali vari, potremmo incontrate giaguari e rinoceronti, ma voi state tranquilli perché camminerete a fianco degli elefanti...
Cioè, quindi ora l'animale che più di tutti mi ha terrorizzato sino ad ora dovrebbe essere colui che mi infonde tranquillità.......
Ci avviamo e mentre cammino dietro ad uno dei tre elefanti della "scorta" cerco sempre il lato positivo in questa cosa è mi ricordo che almeno, il mentre, ovvero il taglio,delle unghie è stato abolito.
Peccato che il lato posteriore di un elefante può presentare almeno un paio di minacce.....che si chiamano pipì e popò...
Ma non sapevo, prima di oggi, che se un essere umano starnutisce al limite riempie di schizzi moccolosi chi gli è di fronte.
L'Elefante invece, chissà se per educazione, rivolge la proboscide all'indietro seminando in aria schizzi gelatinosi della lunghezza di una ventina di centimetri.
Riassumendo quindi i rischi secondo la classifica generale:
Primo posto, tigre ( vedi sandokan), poi giaguaro, rinoceronte, serpenti, scorpioni, ragni ( forse ).
Le certezze invece sono :
Ti troverai dietro ad una fontana che ti inonda il sentiero ma non è acqua.
Vedrai cumuli di fibre vegetali cadere in terra, ma non sono torte di farina integrale bensì è merda.
Ed infine, se vedessi un qualcosa che sembra yogurt volante.....potresti essere dietro ad un elefante raffreddato.
Però, il più è fatto.
Ora non ci resta che infilarci nel viottolo che da dove siamo ( per poter inviare il post ) ci porterà alla nostra tenda, accendere la torcia, verificare che non ci siano serpenti e scorpioni attorno ( o dentro il letto ), coricarci e dormire.....
Nottatina interessante questa nella giungla......





Quando il gioco si fa duro

Poche righe, poche parole per ringraziare il regno di Mustang, terre che sino ad una decina di anni fa erano proibite ai viaggiatori.
Mille difficoltà ma altrettante emozioni.
Poche parole, null'altro che immagini di un luogo lontano che per noi, da oggi, resterà sulla pelle, negli occhi e nel cuore.
Per chi avesse in mente di dirigere il proprio spirito in questa zona, sappia che rimarrà folgorato.
Sappia anche che come tutte le cose meravigliose, potrebbe essere complicato, potrebbe essere dura..... 
E quando il gioco si fa duro.....noi ci siamo, o meglio, ci siamo stati !
Il viaggio continua, giriamo la moto verso sud, nuove emozioni, nuovi orizzonti, nuovi racconti.











L'ombra dell' Annapurna

Lasciamo l'hotel di Pokhara al mattino presto con il desiderio di scoprire luoghi nuovi ma anche con quel pizzico di ansia che nasce quando sai di affrontare luoghi difficili.
Per i prossimi giorni ci arrampicheremo sulle strade difficili del Nepal, salendo a quote elevate, con tutte le incognite di questi luoghi dove non è come percorrere una strada delle nostre montagne, bensì le difficoltà hanno un coefficiente moltiplicativo estremamente preoccupante.
Dopo pochi km l'asfalto, o pseudo tale, termina e lo sterrato vero, quello che i Nepalesi identificano come il peggiore al mondo, ha inizio.
Gisella ed io, sentendo i racconti di viaggiatori e locali, che narravano di strade molto difficili tanto da essere considerate le peggiori al mondo, un po' sorridevamo.....
Pensavamo che esagerassero e che dopo tutte le strade sterrate da noi percorse, ormai il peggio fosse stato visto.
Ricredersi e ammettere di aver sbagliato, forse, è un gesto di maturità .....
Se così è .....sono maturo !
Personalmente avevo l'impressione, km dopo km, di affrontare un mostro non una strada.
Ma non osavo dirlo ad alta voce in quanto pensavo che dipendesse da una serie di fattori....età, stanchezza, alcuni mesi senza guidare la moto in sterrato, ecc.
Poi, ieri sera, quando ormai distrutti ci fermiamo lungo la strada trovando ospitalità in un "hotel", Gisella mi guarda e con occhi spalancati dice " sticazzi.....mai fatto una strada tanto difficile".....
A quel punto realizzo che i racconti non erano esagerati, e che tutto sommato un po' i coglioni, oltre ad esserlo, li abbiamo ancora.
Siamo fradici dalle ginocchia in giù a causa dei guadi attraversati, il fango generatosi con le pioggia della notte hanno intriso le scarpe e i pantaloni da moto sino all'altezza delle ginocchia.
Di doccia non se ne parla, l'acqua c'è ma solo a temperatura ambiente e l'ambiente.....è freddo....
Ci laviamo alla meglio, ci cambiamo e usciamo nuovamente.
Lì vicino una scuola, ed in quel momento poco prima della campana che determina la fine della giornata, c'è il momento della ricreazione.
Decine di bambine e bambini giocano, la maggior parte a palla a volo.
I maschietti scelgono il campetto più disastrato, la rete è tenuta in aria da due enormi canne di bambù.
Alle ragazzine lasciano il campo migliore, con una rete quasi normale, ma in compenso danno loro il pallone bucato e sgonfio.
Vederli giocare, sorridere, divertirsi e godersi quel momento era impagabile.
Null'altro che un pallone sgonfio ma la grande ricchezza dello stare insieme, non isolati in un mondo virtuale fatto di cellulari e wathaspp, rendeva tutti felici nonostante il loro pallone fosse pressoché inutilizzabile.
Attendiamo che la notte sopraggiunga mangiando un piatto di patate lesse, ricoperte da formaggio e uova.
Le nuvole sono basse ma un locale ci informa che il giorno successivo sarebbe stato sereno.
Stamane, apriamo gli occhi ed è stato come chiuderli e vedere un sogno.
Davanti a noi l'Annapurna, con i suoi 8090 metri sul livello del mare.
Il cielo sembra dipinto da un bambino, una tonalità sola, blu intenso.
La cima della mitica montagna lo accarezza ed il vento su di essa ne sposta la neve.
La sua ombra ricade su di noi come quella di un gigante su una formica, inquieta, spaventa ma nello stesso tempo attira e, ancor di più comprendo chi si sfida per salire lassù.
La temperatura è fresca, noi carichiamo la moto e partiamo verso la salita a quota 3800 dove è posto il  punto di arrivo di questa strada.
I pantaloni sono ancora zuppi e fangosi, così come le scarpe, ma questo non è un problema in quanto da lì a pochi km un altro guado si parla di fronte a noi ed occorre attraversarlo per proseguire.
Come in mille altre occasioni, chi vede le foto dei nostri viaggi è portato a pensare che uno cerchi volontariamente il posto difficile, il guado, la strada dissestata per fare la foto d'effetto....
La realtà è un altra...
Di norma i tratti davvero difficili non vengono ripresi in quanto siamo troppo impegnati a superarli...
I guadi sono la strada ! 
Ne fanno parte, sono come un ponte senza ponte......quindi stringi i denti, ingrana la prima, tuffati dentro e attraversali !
La salita continua, e quando la vegetazione scompare a meno di quella in un villaggio che pare essere una oasi, l'aria sa di buono.
L'ossigeno inizia ad essere poco abbondante ed un leggero mal di testa ci colpisce, anche se nulla a che vedere con quello dei 5600 metri del Ladakh.
Siamo su un altopiano, battuto dal vento che scende delle vette che circondano.
Apparentemente non sembrano così alte, ma questo è solo dovuto alla relatività di dove noi ci troviamo rispetto loro.
Raggiungiamo infine il punto più alto, un villaggio di donne, uomini e bambini bruciati dal sole e dal vento. Hanno il viso arso dal sole e sono abbronzatissimi anche se forse, con una bella lavata con acqua calda e sapone sarebbero un po' meno abbronzati.
Nonostante i sintomi della quota visitiamo il piccolo villaggio ed il tempio buddista, per poi decidere di scendere più a valle al fine di ridurre gli effetti dell'altitudine.
Raggiungiamo Marpha, dove ci troviamo ora e dove pernotteremo.
Si trova sulla strada del ritorno, a 2800 metri di altitudine.
L'aria comincia a essere tendente al freddo ed anche stasera, come d'altronde ieri, faremo tesoro delle coperte che troviamo disponibili in "hotel".
Trattasi di un elemento dal peso di una tonnellata talmente pesante che, così come ti sarai posizionato alla sera, ti sveglierai al mattino......
Quindi, come forse si è intuito, oltre all'acqua calda per la doccia, neppure il riscaldamento è disponibile.
La corrente elettrica invece c'è, saltuariamente.....
Però c'è il vento, così abbiamo potuto lavare calze e mutande sapendo che, in modo naturale asciugheranno.
A dire il vero, anche noi ci siamo lavati oggi.
Ieri davvero, dopo la lunga tappa e i guadi, di infilarci sotto una doccia fredda non ne avevamo davvero voglia.
Stasera, non che la cosa ci entusiasmasse, ma sarebbe stato troppo non farla bissando nuovamente.
Quindi, denti stretti, mani che si muovono alla velocità della luce insaponando e poi sciacquando il corpo ormai vicino all'ipotermia e poi viaaaaa, dentro un asciugamano che non importa se non profuma di lavanda, è asciutto e quindi scalda !!
È così che ci avviciniamo alla cena, preludio della notte che ci preparerà alla tappa di domani.
Stessa strada della salita ( una c'è n'è ....) con le stesse difficoltà, gli stessi scenari ma in senso contrario, quindi nuova.
Domani si riparte, puliti, docciati e con calze asciutte ....
Domani si inizia a scendere verso valle, verso nuove mete, nuovi luoghi.
Ma questo sarà il futuro, 
Ora sono arrivati i Momo caldi, appena fatti dalle manine ( pulite .....) della proprietaria del ristorante.
Quindi, buon appetito gente e per chi si sta preparando alle vacanze estive con abbronzature finte fatte di lampade facciali, ricordate che esistono metodi più economici e salutari per avere una tintarella degna di una spiaggia: Nepal, acqua fredda, 2800 metri sul livello del mare, la mano sotto il getto d'acqua che invia al cervello l'informazione " ma si dai, tutto sommato oggi non puzzi ancora tanto ".

P.s. : 2800 metri...4 gradi di temperatura...riscaldamento assente...corrente elettrica semiassente... Per quest ultima ragione risulta impossibile pubblicare le foto.
Quindi stasera leggete...domani vedrete ( forse ...)

Ultima doccia a Pokhara

Kathmandu - Pokhara, 210 chilometri, 7,5 ore, tre tappe da 10 minuti cada una, 1,5 etti di polvere mangiata ed altrettanti negli occhi, un centinaio di veicoli contromano evitati, ma siamo qui e siamo felici.
Potrei utilizzare la frase sopra per sintetizzare la tappa di oggi, ma forse credo sia opportuno svilupparla meglio.
Usciamo da Kathmandu presto, per evitare l'esplosione del traffico impazzito. Partiamo alle 7,00 certi di farcela....
Ci sbagliavamo !
Grazie al navigatore umano di Gisella, finalmente dopo circa un ora, imbocchiamo la " highway " che porta fuori città.
Ho usato le "" in quanto, una strada sterrata, disseminata di buche, alternata a tondini di metallo fuoriuscenti dal manto stradale, tutto lo definirei, tranne una highway....
Sappiamo che in certo luoghi della terra, il tempo necessario per percorrere tratti di strada che da noi sarebbe coperti in un paio di ore, possono essere intere giornate.
Eravamo pronti infatti ed era proprio qui, a Pokhara, che avevamo posto il primo puntino sulla nostra mappa.
Strada difficile, ma non tanto per le sue condizioni, più che altro per chi la utilizza...
Come già capitato in altre occasioni, il primo giorno di moto lo utilizzo si per spostarmi, ma parallelamente per comprendere ed assimilare i codici di condotta degli automobilisti ( pericolosi sempre ), camionisti ( avventurosi ogni metro ), autisti di bus ( entrambe le cose come se non ci fosse un domani ).
La freccia non serve per indicare una svolta, bensì per comunicarti che puoi superare ( se quella accesa è quella di destra .....ricordiamoci che si guida all'inglese.....).
Il braccio, questo sì, teso fuori dal finestrino, serve per indicare una svolta....( talvolta ), oppure il fatto che stanno rientrando da un tentativo di sorpasso fallito e quindi tu, non importa dove, ma togliti, frena, esci dalla strada, volatilizzati, fai cosa vuoi ma sparisci perché il bus.....che ti piaccia o no è più grosso e deve rientrare....
Non parlo delle inversioni a U improvvise, queste non le ho ancora imparate, ma non mancherà occasione mi sa....
Ogni mezzo è un mezzo di trasporto per cose, animali o uomini, nonostante sia nato per altro.
Quindi su quei 220 km di "highway" dover superare la motozappa non è qualcosa di cui stupirsi, tantomeno se poi questa viene sfiorata da un pullman che supera un camion il quale a sua volta sfiora la nostra moto intenta a superare una bici a tre ruote ricolma di banane e mango...
Tutto sembra apparentemente illecito ma poi, in quell'intruglio di sorpassi,appare dalla polvere anche un poliziotto, posto in mezzo alla strada, sommerso dalla nube di polvere sollevata con tutti che lo evitano e lui, scimmiottando il gesto di un vigile urbano, sventola la sua paletta verde indicante il limite di velocità massimo di 60 km/h.
Tante moto, tutte di piccola cilindrata.
La nostra Himma, che riteniamo uno schioppetto rispetto ad altre moto alle quali siamo abituati, qui la definiscono "very big".
Gisella ed io sorridiamo rompendo lo strato di polvere che ci impedisce quasi di arricciare gli occhi.
Big o non big, sta di fatto che si muove, ci sposta, ci fa viaggiare e quindi, nel suo piccolo....le vogliamo bene.
Arrivare a Pokhara, dopo questi 220 km, sembra un po' di arrivare in costiera ligure al primo weekend di agosto.... Viaggio eterno, ed ora le rive del lago posto alle pendici delle partenze per le montagne himalaiane.
Centinaia di persone che passeggiano, alcuni provati dal sole delle cime scalate nei giorni passati, altri invece raccolgono le forze e, forse fanno gli ultimi acquisti, prima di partire per le stesse cime.
Questo luogo è meta obbligata per gli scalatori che sfidano se stessi e non solo alla ricerca di quel l'ultimo passo verso un 8000 che ti lancia in cielo.
Ne invidio il coraggio e la forza, mi attira il pensiero che da questo luogo, dopo aver assoldato gli sherpa, gli scalatori salgono sino a dove l'ossigeno è talmente rado e l'aria talmente rarefatta da rendere impossibile fare due passi consecutivi senza effettuare una pausa fra il primo ed il successivo.
Pazzi ? 
Forse !
Ma chi non è un po' pazzo, non saprà mai quanto ne sia valsa la pena.
Chi rinuncia....perde due volte.
Per questo, seppure con riserbo, li stimo e li ammiro.
E noi ?
Noi che dire....
Noi oggi abbiamo fatto i permessi per accedere alla strada che ci porterà dove i pazzi iniziano a coronare il loro sogno.
Domani prenderemo Himma, il nostro Yak a motore,  caricheremo i nostri pochi bagagli ( 6 mutande, equamente ripartite in 3 a testa ) e saliremo verso quei pendii da dove, tempo permettendo potremo vedere, anche se da distante, le cime di quelle montagne che salgono in cielo.
Una di queste in particolare vorrei vederla.....per chiudere gli occhi e sognare.
Si tratta di una montagna che non può essere annoverata fra i 14  8000, in quanto di soli 6900 metri, si tratta del Machhapuchhare
Ma ha una storia, una storia che nessuno può raccontare.
È l'unica montagna mai scalata da un uomo.
Per i Nepalesi è un monte sacro e quindi, la sua cima, può essere calpestata solo da un Dio.
Bello sapere che nessuno di noi uomini, nonostante sappia salire fin lassù, può considerarsi un Dio....
Uomini, solo uomini, come si diceva ieri, comparse destinate a lasciare ad altri ciò che abbiamo.
Orami è sera qui a Pokhara, la notte himalaiana del mio balcone è illuminata solo dallo schermo sul quale scrivo.
Non è questo un luogo per nottate di festa e discoteche. Qui si viene per salire, per attendere che il buio lasci il posto alla luce per poter vedere cosa ci circonda.
È giunto il momento di togliersi di dosso la corazza di polvere accumulata nei km di oggi.
Approfittiamo dell'ultima doccia con acqua calda che questo hotel ci offre.
Da domani ci si lava con acqua fredda, o forse....non ci si lava.......deciderò domani.....
D'altronde è da questo concetto che prende spunto il titolo di questo post, rubando un po' l'idea a " ultimo tango a Parigi ' peccato che io non sia Brando, e che lui fosse di certo più pulito di me in questo momento.... 
La tappa di domani ci porterà in alto, lasceremo le città e saliremo verso il cielo.
Lo faremo percorrendo una strada che, in teoria, si presenta complicata. 
La mappa, la stessa che etichettava quella di oggi come " highway " la definisce sterrata, sconnessa e lenta......
Se per la strada di oggi la mappa è stata un tantino sopravvalutante....speriamo lo sia al contrario per domani.....
Metro dopo metro, granello di polvere dopo granello di polvere, saliremo fino a quando ci sarà strada per poterlo fare.
E quando vedrò quelle cime, solo allora mi sfilerò il casco, serrerò gli occhi mirando alla cima e sognerò.....sognerò che la pace che ha respirato chi lassù ci è arrivato, possa scendere nelle valli, riempire le città e riportare questo mondo al silenzio di un uomo che sa di non essere un Dio.




I fumi del viaggio oltre la vita


Kathmandu, Gisella sorseggia un honey  ginger lemon, una pinta di acqua bollente impreziosita di limone, miele e zenzero...tipica bevanda nepalese così come in India. Io invece, un banalissimo caffè impreziosito da un sigaro mentre, nonostante la stanchezza del viaggio, mi appresto a lasciare traccia delle emozioni del primo giorno di vacanza su questo blog.
Molte ore di viaggio in aereo non ci hanno tolto la voglia di fonderci, appena arrivati, nella vita convulsa di questa città da 2 milioni di abitanti bipedi. Ovviamente escludo dal conteggio gli animali semi eretti come le scimmie e i quadrupedi come le vacche che, come se non fosse già abbastanza caotico di suo, aiutano a rendere il traffico un disordinato movimento di anime.
Scendiamo dall'aereo che da Doha ci ha condotti sino qui verso le otto del mattino e come primo obiettivo abbiamo il ritiro della moto che ci condurrà lungo le strade tortuose di questo angolo di mondo.
Ci rechiamo verso l'indirizzo dove, il nostro contatto, ha la sua azienda di noleggio moto.
Ecco......come prima cosa, per chi ama viaggiare e conoscere posti nuovi, dimentichiamoci di ciò che la nostra mente, grazie ai nostri occhi, si aspetta di vedere....
Azienda.....negozio.....vetrine....una officina..... Questo è ciò che mi aspetterei se non avessi già metabolizzato in altri viaggi la differente cultura ed il differente approccio di altre popolazioni.
Seguendo la traccia del navigatore, giriamo a destra e ci infiliamo in un vicolo lurido, sterrato, stretto e senza uscita.
Alla fine di questo, una porta che da su un locale, altrettanto lercio, con pavimento in terra battuta sporca di olio motore.
La moto è lì ......ci aspetta....pronta a essere condotta dai nuovi proprietari per due due settimane.
La procedura è veloce....compilo un modulo in duplice copia contenente i miei dati, una copia resta al titolare è una a me. Il mio passaporto viene sequestrato e riposto in una cassetta di metallo come quella dove mia nonna riponeva i biscotti.
Pongo la domanda.... 
Mah, quindi io resterò senza passaporto per l'intero viaggio ?
Certo che sì, mi risponde il mio amico....rassicurandomi che in Nepal basta la copia del modulo compilato poco prima.
Non è la prima volta che ci troviamo in questa situazione, ci accadde anche in Ecuador, e non è il massimo ma, che vuoi fare ? Così è !
Quindi ritiriamo Himma e sfidando il traffico multicolor e multifantasy delle strade, dove ricordo che in teoria si viaggia a sinistra come in Inghilterra, in pratica si viaggia dove c'è spazio, raggiungiamo l'hotel.
Da lì partiamo alla scoperta di due dei luoghi più rappresentativi di Kathmandu, lo stupa più grande dell'Asia dal nome Boudha e il tempio Indù Pashupati.
Lo stupa, a migliaia ne trovi in Nepal così come in India, è una costruzione sacra di religione Buddista.
Una costruzione che rappresenta i simboli principali della vita: la terra, l'acqua ed il fuoco.
Attorno ad esso centinaia di persone in preghiera percorrono, rigorosamente in senso orario il periplo della struttura.
Ci uniamo alle persone che pregando, camminano lungo le mura dello stupa facendo ruotare le ruote sacre.
Il cielo si riempie di fumi che provengono da un luogo non lontano.
Ci indirizziamo verso il Pashupati, un tempio indù che in Nepal ha lo stesso valore del più famoso Varanasi in India.
Si trova sulle rive di un fiume sacro per gli induisti, un rigolo di acqua putrida dove fra immondizia varia, scimmie sulla riva, plastica in ogni dove, sguazzano liberi e felici serpenti d'acqua mentre, i bambini in quell'acqua, ci giocano.
Sulla riva opposta alla nostra, a ridosso del tempio, decine di bracieri rilasciano fumi tetri verso il cielo.
Gruppi di uomini e donne, posti vicino ai bracieri danzano secondo un rituale Indù immergendosi in quei fumi acri.
Dentro le fiamme, posto sui tronchi di legno, giace il loro caro o la loro cara in quel l'ultimo atto della vita terrestre prima che le fiamme restituiscano il corpo al cielo in forma di nuvola nera.
Ciò che resta.....verrà gettato nel fiume per buona pace del serpente.
Un misto di tristezza e curiosità ci colpisce.
Noi che solo poche ore prima eravamo nel mondo di coloro che hanno usanze differenti, seduti ora su un muretto a pochi metri dal fuoco il quale inghiotte un corpo che fino a qualche ora prima era pieno di vita, ora null'altro è se non un involucro vuoto che non ha più senso esista.
Già immagino chi, leggendo queste righe o guardando le foto sotto giudicherà queste gesta in forma negativa.
Ma non scordiamoci mai che la verità è riposta nel pensiero di chi crede in essa, qualsiasi essa sia.
Le tue origini, inevitabilmente, creano in te il solco di questa verità, che sia essa cattolica, buddista, Induista o altro.
La naturalezza con la quale i parenti accettavano, seppure con la tristezza negli occhi, la dipartita del loro caro mi ha fatto pensare.
Pensare a quanto a volte si sia convinti di essere il padrone di questo mondo e di questa vita.
Piuttosto dovremo cominciare a comprendere che siamo comparse di un teatro meraviglioso che è il mondo, destinati e creati unicamente per custodirlo e lasciarlo ad altre comparse, possibilmente, migliore.
La vita come un attimo, più o meno lungo ma un attimo.
La vita come un qualcosa da assaporare ogni secondo come fosse l'ultimo.
La vita come un viaggio.....perché poi alla fine questo è !
Sta a noi decidere se renderlo denso di immagini, cercando di tramutare i sogni in ricordi.
Sta a noi comprendere quanto siamo piccoli e deboli, se solo la forza di un piccolo,braciere può trasformare il nostro ego in una piccola, insignificante nube nera che, con un soffio di brezza nepalese si dissolve.

Kathmandu, giorno di Pasqua per i cristiani, giorno di vita terrena e vita eterna per quel corpo posto braciere.
Domani si parte, domani sarà moto, sarà viaggio quindi.....sarà vita !